Colui che Sono

Colui che Sono

Emilio Isgrò

Concessa da: Emilio Isgrò

Materiale/Tecnica: acrilico su tela di lino, su tavola

Ubicazione: Sala degli Ambasciatori

Anno di realizzazione: 2020

Anno di installazione: 2020

Descrizione dell'opera

«Quando ebbi l’invito di partecipazione all’iniziativa Quirinale contemporaneo tirava un’aria pesante in Italia. Giorni di antisemitismo esasperato, con oscure minacce lanciate a tanti nostri concittadini solo perché ebrei. Mi colpì, in particolare, la ferocia riservata alla senatrice Liliana Segre, una donna coraggiosa che, battendosi per gli ebrei, in pratica difendeva la dignità di tutti gli italiani immuni dal morbo razzista. Questo, oltre tutto, in un Paese che non ha mai fatto i conti fino in fondo con il suo passato peggiore. Decisi di ‘cancellare’ le leggi razziali varate dal fascismo nel 1938, assumendomi abusivamente il privilegio simbolico di sanare, nel segno dell’arte, il torto che avevano subito i nostri fratelli perseguitati dopo aver portato un contributo decisivo, fin dal Risorgimento, alla formazione e alla crescita dell’Italia moderna. Per questo ho deliberatamente evitato i toni pietistici o risarcitivi, come già avevo fatto, anni fa, con l’opera Le api della Torah e con la custodia dei rotoli della Legge disegnata per la sinagoga di Livorno, dove raffigurai gli ebrei come api operose che raccolgono il polline di fiore in fiore, di cultura in cultura (ieri le culture e i fiori del Mediterraneo, oggi i fiori del mondo intero), per trasportarlo di paese in paese. Fino al fiore più prezioso: il Dio unico delle tre religioni monoteiste. Anche questa volta, con le cancellature eseguite in un rosso liberatorio, ho preferito dare dei nostri “fratelli maggiori” (come li definì Giovanni Paolo II) un’immagine quasi gioiosa, anzi gloriosa. Mi sono ricordato del Pentateuco, là dove Dio dichiara a Mosè di chiamarsi “Colui che Sono”, forse per significare che ciò che non ha nome è infinito. Come l’amore. Ma non poteva bastare, poiché, rileggendo quelle leggi infami, mi sono accorto che il testo originale della Gazzetta Ufficiale (“È ebreo colui che è nato da madre ebrea”) poteva diventare per via di cancellazione un più icastico, perentorio: “È ebreo colui che è”, appaiandosi automaticamente al “Colui che Sono” pronunciato da Yahweh sul Sinai, secondo una linea di contiguità con il Dio unico che giustifica il titolo di “fratelli maggiori” tributato da papa Wojtyla. Se Benedetto Croce sentì il bisogno di scrivere un saggio per domandarsi ‘perché non possiamo non dirci cristiani’, a questo punto, forse, dobbiamo scriverne un altro per domandarci ‘perché non possiamo non dirci ebrei’». (Emilio Isgrò)

L'artista

Emilio Isgrò
(Barcellona Pozzo di Gotto 1937)

Nel 1956 lascia la Sicilia per iscriversi all’Università Cattolica di Milano e pubblica le prime poesie. Nel 1960 si trasferisce a Padova e diventa giornalista, poi responsabile delle pagine culturali de «Il Gazzettino» di Venezia. Per sette anni lavora al giornale, viaggiando in Europa e negli Stati Uniti, immergendosi nel dibattito culturale internazionale. Riflettendo sulla potenza della comunicazione visiva, scopre che l’inevitabile destino della parola è quello di essere travolta dall’immagine. Allora decide di entrare nel mondo dell’arte, debuttando come artista nel 1964.

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Dà vita alle Cancellature, opere considerate rivoluzionarie nell’ambito delle seconde avanguardie. La cancellatura di libri, enciclopedie, manoscritti, mappe e persino pellicole cinematografiche, è il perno della sua ricerca artistica, che trasforma un semplice gesto di negazione in un’azione positiva, per rafforzare la parola dandole nuovi significati. Partecipa alla Biennale di Venezia nel 1972, 1978, 1986, 1993 e riceve il primo premio alla Biennale di San Paolo nel 1977. Espone al MoMA nel 1992 e alla Peggy Guggenheim Collection nel 1994. Tra le antologiche si ricordano quelle al Centro Pecci di Prato nel 2008, alla GNAM di Roma nel 2013, a Palazzo Reale, Gallerie d’Italia e Casa Manzoni di Milano nel 2016 e alla Fondazione Cini di Venezia nel 2019. Le sue opere sono nelle collezioni del Centre Pompidou di Parigi, del Museo d’arte di Tel Aviv, del Musée Royaux des Beaux-Arts de Belgique. Tra i lavori monumentali e pubblici vanno menzionati L’Orestea di Gibellina, i Semi d’arancia della Triennale di Milano e di Barcellona di Sicilia e la Cancellazione del debito pubblico dell’Università Bocconi di Milano. Non ha mai smesso di scrivere e continua a pubblicare romanzi, saggi e poesie. Nel 2019, la città di Milano, dove vive e lavora, gli conferisce l’Ambrogino d’oro. Collabora con il «Corriere della Sera».

Colui che Sono

© Credits: Massimo Listri

Colui che Sono

© Credits: Massimo Listri