Descrizione dell'opera
«Un tempo si diceva che l’architettura andava dal cucchiaio alla città. Oggi dobbiamo dire che la città è solo un insieme di cucchiai». (Andrea Branzi)
L'artista
Andrea Branzi
(Firenze 1938)
Dal 1964 al 1974 fa parte del movimento dell’Architettura radicale con il gruppo Archizoom, i cui progetti sono conservati presso CSAC di Parma e Centre Georges Pompidou di Parigi. Con Archizoom espone nel 1972 al MoMA, nella mostra Italy: The New Domestic Landscape. Nel 1966 si laurea in architettura a Firenze e dal 1974 vive e lavora a Milano. Unico autore italiano specializzato in design che pubblica per il MIT, dirige la rivista «Modo» dal 1982 al 1984. Tiene conferenze e seminari in Italia, Europa, Stati Uniti, Giappone, Argentina, Brasile, Canada, Israele, Singapore e Thailandia.
Leggi tuttoNel 1982 è tra i fondatori di Domus Academy, di cui è direttore culturale per vent’anni, dal 1998 è professore associato presso la facoltà di Design del Politecnico di Milano, poi professore ordinario e presidente del corso di Design degli interni. Cura ed espone in importanti mostre di design: Il design italiano 1964-1972 alla Triennale di Milano (1996), Italia e Giappone: design come stile di vita a Yokohama e Kobe (2000), The New Italian Design alla Triennale di Milano (2007), Open Enclosures alla Fondation Cartier di Parigi (2008), una sala personale alla Biennale Architettura di Venezia (2010), Oggetti e territori al De Singel di Anversa (2012), Neo preistoria e La metropoli multietnica alla Triennale di Milano (2016), La metropole primitive al Centre Pompidou (2017). Molti i riconoscimenti: tre Compasso d’oro nel 1979 per i progetti con il Centro Design Montefibre, alla carriera nel 1987, e per l’attività svolta con Domus Academy nel 1995; la laurea honoris causa in design dall’Università La Sapienza di Roma e la nomina a membro onorario della Royal Society for Industry di Londra nel 2008; il premio Rolf Schock, conferito dalla Reale Accademia di Belle Arti di Stoccolma nel 2019. La sua tesi di laurea e numerosi progetti sono conservati negli archivi del Pompidou.
© Credits: Massimo Listri