Enlightening books
Chiara Dynys
Descrizione dell'opera
L’installazione di 50 libri di vetro nel Passaggetto di Urbano VIII ricorda la biblioteca descritta da Jorge Luis
Borges: è “illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, inutile,
incorruttibile, segreta”. È parte di un ciclo a cui l’artista lavora dal 2010, dedicato alla conoscenza, vista
come fattore di crescita sociale e personale. Ogni composizione del ciclo Enlightening Books è unica e
contraddistinta da cromatismi diversi, dati dai colori dipinti a mano dall’artista per inserirsi
armoniosamente nel contesto.
L’opera è una metafora del processo di apprendimento che contribuisce alla costruzione del sapere
individuale e quindi alla formazione della personalità di ciascuno. Ripensando a Roland Barthes, l’artista si
domanda: “Quali sono i piani che ogni lettura scopre?”. Per giungere alla conclusione che: “Noi siamo i libri
che abbiamo letto”. Secondo l’artista, l’importanza di ciascun libro dipende dall’interiorizzazione, che
trasforma l’informazione in tacita conoscenza. Per questo, solo alcuni libri si innestano nella memoria
individuale, dove rinascono continuamente: sono questi i volumi più luminosi, tra gli altri che restano bui.
Non può esistere, dunque, alcuna complessità labirintica nella biblioteca della Dynys: i volumi restano
sempre mobili, per essere disposti e illuminati liberamente secondo un registro sentimentale e
autobiografico.
L'artista
Chiara Dynys
(Mantova 1956)
Dopo aver conosciuto le opere di Jeff Wall e Bill Viola, lascia l’università per abbracciare la carriera artistica. Sin dagli anni Novanta, esplora il limite tra realtà e metafisica. Nei primi anni Novanta soggiorna a Parigi, dal 1996 al 1999 viaggia e lavora tra New York e Milano, dove intraprende la sperimentazione di materiali diversi, dalla luce al vetro, dagli specchi alla ceramica, dalle fusioni al tessuto, dal video alla fotografia, con l’intento di «creare ogni giorno qualcosa di sensazionale». L’attività espositiva si intensifica.
Leggi tuttoTra le personali
si ricordano quelle al Centre d’Art Contemporain di Ginevra nel 1996, alla Städtische Galerie di Stoccarda
nel 1999, al Museo Cantonale di Lugano nel 2001, al Kunstmuseum di Bochum nel 2003, al Kunstmuseum
di Bonn nel 2004, all’Executive Development Centre di Wolfsberg nel 2005, alla Rotonda della Besana a
Milano nel 2007, al Museo Bilotti a Roma nel 2008, a Palazzo Reale a Milano nel 2008, al ZKM di Karlsruhe
nel 2005, 2006 e 2012, all’Archivio Centrale di Stato nel 2010, al Gerisch-Stiftung di Amburgo nel 2013, al
Museo Poldi Pezzoli di Milano nel 2013, al Museo Correr di Venezia nel 2019, al MAGA di Gallarate nel 2022
e al MART di Rovereto nel 2023. Tra le collettive si segnalano quelle al PAC di Milano e al Museu Nacional
de Belas Artes di Rio de Janeiro e al Museu de Arte di San Paolo nel 1989, al Palacio del Marqués de la Scala
di Valencia nel 1990, al Musée d’Art Moderne di Saint-Etienne nel 1992, al Centre International d’Art
Contemporain di Montréal nel 1994 al Palazzo della Ragione di Mantova nel 2000, alle Scuderie del
Quirinale e ai Mercati di Traiano a Roma nel 2001, alla GNAM di Roma nel 2005, 2013 e 2014; al MART nel
2005 e 2011, alla Fondazione Arnaldo Pomodoro nel 2005 e 2010, alla Triennale di Milano nel 2007, a Villa
Panza a Varese nel 2009 e nel 2021; al Museo del Novecento di Milano nel 2012; all’Università Bocconi di
Milano nel 2012, al MIT e alla Villa Reale di Monza nel 2022. Partecipa alla VII International Moscow
Biennale tenutasi a Mosca nel 2017 e a Soundlines of Contemporary Art, ICAE Armenia nel 2018.
Le sue opere sono conservate nelle collezioni delle Civiche Raccolte d’Arte Applicata di Milano, del MART,
del VAF-Stiftung di Francoforte, dell’UBS del Manno e di Zurigo, del Museo Cantonale di Lugano, del
Kunstsammlung di Weimar, dell’Accademia di Architettura di Mendrisio, del Mobimo di Zurigo, del Museo
Poldi Pezzoli, della GNAM, del MAGA, della Villa Reale di Monza e del Museo Fortuny di Venezia.

© Credits: Massimo Listri